• Collaborazione e tradizione,
    la forza della comunità.
    Sviluppo di legami sociali per la creazione di un possibile futuro per il territorio
  • Terra di Laghi e Peonie tra i «Sentieri del Grano» Un nuovo patto tra produzione e lavoro per il rilancio dell’economia
  • Cultura e tradizione Gente faghet cosa,
    cosa non faghet gente.

    Le persone producono ricchezza,
    la ricchezza senza le persone non può produrre niente
  • Sviluppo di una visione comune Maggiore conoscenza del territorio e del partenariato locale.
  • Un patrimonio antico e ben radicato La valorizzazione di una cultura tradizionale come base per attività artigianali e industriali di alto livello
  • Produzioni agricole,
    l'eccellenza è di casa
    Ottimizzazione e razionalizzazione di una filiera produttiva capace di completare un paniere agro-alimentare dalla singolare unicità
  • Nuovi orizzonti per il territorio Attrattività turistica sostenibile: risorsa unica per i giovani imprenditori nel rispetto di una comune coscienza ambientale
Riforma PAC 2014 - 2020
Scritto da Ivo Porcu
Giovedì 30 Gennaio 2014 17:06

RIFORMA PAC 2014 - 2020

Più ricca la dote finanziaria per i nuovi Psr

Accordo sulla ripartizione regionale dei fondi: 20,85 miliardi, di cui la metà arriva da Bruxelles - Debuttano anche le misure nazionali su gestione del rischio, biodiversità, irrigazione e rete rurale.

Con l'approvazione del regolamento CE n. 1305 del 17 dicembre da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, è entrata nel vivo la fase di programmazione delle risorse finanziarie destinate allo sviluppo rurale. Dopo la conclusione del negoziato europeo sui fondi PAC 2014-2020 e la presentazione a Bruxelles dell'Accordo di Partenariato, era necessario chiudere in tempi rapidi la partita del riparto dei fondi FEASR per lo Sviluppo rurale. E così è stato. Il 16 gennaio scorso, infatti, la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera all'accordo sull'assegnazione dei fondi tra le regioni e province autonome confermando, con alcuni ritocchi, quanto già discusso a dicembre. Si è trattato di definire il riparto di 10,42 miliardi di euro di quota comunitaria assegnata complessivamente all'Italia, alla quale bisogna poi aggiungere, in virtù del meccanismo del cofinanziamento, altrettante risorse pubbliche nazionali suddivise tra quota statale (tramite il Ministero dell'Economia) e quota regionale. Un'importante novità rispetto alla passata programmazione riguarda l'inserimento, accanto ai programmi regionali, di quattro misure nazionali, articolate su alcune tematiche strategiche: la gestione del rischio, la biodiversità animale, le infrastrutture per l'irrigazione e la rete rurale nazionale.

Il settore avrà così a disposizione per i prossimi sette anni un budget complessivo di 20,85 miliardi euro da indirizzare verso le sei priorità individuate per lo sviluppo rurale dal nuovo regolamento.Ma andiamo con ordine, ricostruendo nei punti cardini il percorso che alla fine ha portato all'accordo sulla ripartizione dei fondi Ue tra le Regioni e le quattro misure nazionali. Partendo dal citato massimale nazionale di 20,85 miliardi di euro, sono state prioritariamente assegnate le risorse destinate alle quattro misure nazionali, per un importo complessivo di 2,28 miliardi di euro, attuate tramite un programma operativo nazionale che opererà, come si diceva, congiuntamente ai PSR regionali. Oltre il 73% del budget nazionale è stato destinato alla gestione del rischio, con una dotazione di 1.640 milioni di euro di spesa pubblica assegnata. Seguono gli interventi per il piano irriguo con il 13% (300 meuro) e le misure sulla biodiversità animale con il 9% della dotazione (200 meuro). Infine, alla Rete rurale nazionale saranno destinate risorse per 100 milioni di euro, pari a una quota del 5% sul totale delle risorse nazionali. E veniamo alla ripartizione dei fondi per i programmi delle singole Regioni: la quota finanziaria di 18,62 miliardi di euro è stata attribuita alle singole regioni tenendo conto sia della capacità di utilizzazione delle risorse comunitarie, molto diversificata tra competitività e convergenza, sia del "criterio storico" per cui ciascuna regione riceve una dotazione FEASR almeno pari a quella della programmazione 2007-2013. Alle regioni del centro-sud (convergenza e transizione) è stata assicurata la quota aggiuntiva di risorse pubbliche dell'1,25% in più rispetto a quanto ricevuto nel 2007-2013, per complessivi 92,2 milioni di euro. Nel contempo, al fine di agevolare il completo utilizzo delle risorse, il tasso di cofinanziamento comunitario di tali regioni è stato aumentato al 60,5% rispetto al 57,5% della precedente programmazione. L'aumento della quota a carico dell'Unione europea ha in questo modo liberato risorse nazionali che sono state redistribuite alle regioni competitività, in ragione della buona capacità di spesa dimostrata nell'ultima programmazione. Il tasso di partecipazione comunitario di conseguenza è diminuito al 43,12% (rispetto al consueta quota del 44%), sviluppando una maggiore spesa pubblica ma determinando parallelamente un onere aggiuntivo a carico del bilancio statale e regionale. Un terzo capitolo è rappresentato dalle regioni in fase di transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna), il cui tasso di cofinanziamento comunitario si attesta al 48%. In particolare, assegnazioni aggiuntive specifiche hanno riguardato l'Abruzzo, la Provincia Autonoma di Trento e la Liguria. L'Abruzzo beneficia di una dotazione supplementare (il 4,85% in più) a compensazione del passaggio da regione in obiettivo competitività a regione in transizione, mentre la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Liguria hanno ricevuto una dotazione aggiuntiva specifica per bilanciare la quota regionale più alta pagata nell'attuale programmazione. Il Psr di Trento riceve 14,5 meuro in più, mentre quello della Liguria 13,4 meuro. Per quanto riguarda il cofinanziamento delle quattro misure nazionali, il 45% delle risorse sono assicurate dall'Unione Europea, mentre il restante 55% dallo Stato per un importo a carico del bilancio nazionale di circa 1,23 miliardi di euro.Omogeneo è invece il riparto interno delle risorse, come previsto dall'art. 8 delle legge di stabilità 2014 che stanzia le risorse per la copertura della quota nazionale dei programmi cofinanziati dall'Unione Europea nel settore dei fondi strutturali, pesca e sviluppo rurale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La norma prevede che questa sia suddivisa uniformemente in ragione del 70% a carico del bilancio statale, tramite il ministero dell'Economia, e il restante 30% a carico dei singoli bilanci regionali. Sviluppando queste percentuali, si ottiene che l'onere complessivo per il Tesoro si attesta a 7,67 miliardi di euro. Ammonta a 2,75 miliardi di euro invece la quota che fa capo alle Regioni e Province Autonome. Risorse che appaiono comunque ragguardevoli per i già magri bilanci regionali, tant'è che nella proposta di accordo i rappresentanti delle Regioni hanno chiesto di avviare una trattativa con la Commissione Europea per escludere la quota di cofinanziamento regionale dei PSR dal calcolo del patto di stabilità, denunciando - in caso di risposta negativa, il rischio per le Regioni di trovarsi nell'impossibilità di allocare in bilancio le risorse necessarie per la quota di cofinanziamento. A parte questa "riserva" delle amministrazioni regionali, in una situazione di crisi economica come quella attuale l'accordo raggiunto in sede di Stato regioni sulla ripartizione dei fondi comunitari, rappresenta una tappa fondamentale per il futuro della Politica per lo sviluppo rurale, che permette al settore di avere un'importante iniezione di liquidità nei prossimi anni. Inizia ora la delicata fase di stesura dei programmi di sviluppo rurale che si chiuderà con l'approvazione definitiva dei futuri PSR 2014-2020 da parte della Commissione Europea.Sarà quello il vero banco di prova per semplificare le procedure e snellire la burocrazia, finalizzare i progetti e alzare gli standard della qualità della spesa, centrando così gli obiettivi fondanti della nuova "carta rurale" europea che puntano a rafforzare la competitività delle imprese e la tutela dell'ambiente, con un più compiuto modello di sviluppo sostenibile, che pone al centro il ruolo dell'agricoltura. Se poi, come c'è da augurarsi, i germogli della ripresa economica metteranno radici più salde, tutto sarà relativamente più facile. Un risarcimento storico-economico rispetto all'attuale programmazione, che fin dal suo avvio ha dovuto fare i conti con le difficoltà congiunturali, degenerate poi nella grande crisi da cui solo ora si cerca di uscire.


Luigi Ottaviani
PianetaPSR numero 28 - gennaio 2014

 

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